Ad un certo punto della sua vita – nel 1846 – Henry David Thoreau fu arrestato. Il grande filosofo e scrittore statunitense si rifiutò infatti di pagare una tassa imposta dal suo governo. Tassa che serviva a finanziare una guerra schiavista nei confronti del Messico.
Per questo fu prelevato dalla sua dimora e messo in carcere.
Di lì a breve, uno dei suoi migliori amici e colleghi, Ralph Waldo Emerson, andò a trovarlo.
Vedere Thoreau dietro alle sbarre era cosa strana: non si trattava di un emarginato né di un criminale, bensì di una persona distinta e rispettabilissima.
Così il suo amico gli chiese: “Henry, cosa ci fai lì dietro?!” La risposta di Thoreau fu: “Caro Waldo, la questione non è cosa ci faccio io qui dietro, ma cosa ci fai tu lì fuori.”
Quando una legge è ingiusta, può essere giusto infrangerla.
Questa è la disobbedienza civile e questa è la grande lezione di Henry Thoreau così come di altri grandi del passato, da Malcom X a Nelson Mandela, da Lev Tolstoj a Gandhi. Persone che decisero di infrangere le leggi del loro tempo, per dimostrarci l’insensatezza e l’ingiustizia di tali leggi.
Oggi, chi coltiva Cannabis (in Italia o in qualsiasi altra zona del mondo) – una pianta che cresce spontaneamente in natura, che non ha dose letale, che non ha mai provocato un singolo morto nella storia dell’umanità, che ha importanti proprietà mediche, che rappresenta una risorsa preziosissima per l’essere umano nonché una valida alternativa al petrolio e i suoi derivati – non compie alcun reato ma, eventualmente, mette in atto un’azione legittima, inoffensiva, pacifica e rivoluzionaria di disobbedienza civile.