Sapete cosa penso? Che la maggior parte dell’umanità è predisposta alla sottomissione.
Secondo il filosofo colombiano Dávila… “La libertà a cui aspira l’uomo moderno non è quella dell’uomo libero, ma quella dello schiavo nel giorno di festa”.
Un concetto simile l’ha espresso più recentemente il mio amico regista romano Silvano Agosti che disse come “lo schiavo non è tanto quello che ha la catena al piede quanto quello che non è più capace di immaginarsi la libertà”.
Infine, per chiudere il cerchio delle citazioni a riguardo, c’è un interessante passaggio dell’enigmatico “Kafka sulla spiaggia” di Murakami che dice: “Forse sono pochissimi a desiderare davvero la libertà. Pensano di desiderarla. È un’illusione. Se tutti ricevessero in dono la libertà, la maggior parte la vivrebbe come un problema. Cerca di tenerlo a mente: alla maggior parte la libertà non piace affatto.”
Ecco spiegato perché la massa preferisce la sottomissione.
Sottomissione che è sinonimo di obbedienza e che in una società come la nostra, sempre più piena di leggi e regole, raramente viene messa in discussione. Chi lo fa è un pazzo, uno squilibrato, un irresponsabile, un criminale, un fuorilegge: così sono stato additato anch’io in passato, quando in diverse occasioni ho disobbedito e sostenuto come l’unica legge che per me non è in discussione, è la mia legge morale. Le altre, non ho mai avuto problemi a infrangerle se e quando lo ritenevo opportuno e/o necessario.
Ad esempio, nessuno mi convincerai mai che coltivare una pianta, sia un reato.
Ma non intendo certo spingere altri a fare altrettanto né convincere qualcuno che tale forma mentis sia virtuosa, mi sia permesso però di ricordare e sottolineare la piccola grande differenza che c’è tra moralità e obbedienza, che forse a molti sfugge: la moralità è fare ciò che è giusto, a prescindere da ciò che ti viene detto. L’obbedienza è fare ciò che ti viene detto, a prescindere da ciò che è giusto.
E attenzione, perché più di una volta nella storia dell’umanità, le pagine più nere sono state scritte e compiute da coloro che obbedivano, senza porsi dubbi o domande su ciò che gli era stato detto di fare. Vi dicono qualcosa, sempre per fare degli esempi, le leggi razziali, l’apartheid, la schiavitù? Tutte cose perfettamente legali, ai tempi.
Tuttavia alcune idee, certi ideali e valori – su cui anche il sottoscritto ha costruito le proprie fondamenta – vanno oltre le singole persone e trascendono l’individualità. Essi costituiscono un patrimonio collettivo e grazie a questo sopravvivono ai soprusi, alle censure, a qualsiasi regime autoritario e dittatura. Sopravvivono a tutto. Dobbiamo persistere nell’alimentarli con coraggio, entusiasmo e ottimismo.
Come ci insegna il poeta e scrittore britannico Thomas Hardy: “Molti furono i casi in cui la giustizia poté trionfare soltanto facendosi beffe delle leggi.”
Ecco, a me interessa molto di più la giustizia piuttosto che la legge. E anche per questo, più che un fuorilegge, mi considero – con orgoglio e un profondo senso di libertà – un fuorigregge.
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Questo testo è tratto dalla mia prefazione al libro “Discorso sulla servitù volontaria & Disobbedienza civile” di La Boétie e Thoreau, di cui vi consiglio la lettura.