Il Brasile mi mancava del tutto. E Rio erano anni che la inseguivo, la sognavo, la immaginavo. Perché mi avevano detto che era una città diversa da tutte le altre, speciale, unica, da vedere. E per la miseria quanto avevano ragione!

Avevo già provato ad andarci nel febbraio dell’anno scorso ma qualcosa era andato storto e mi ero fermato allo scalo di Parigi, tornando poi a casa con la coda tra le gambe. Di questi tempi ogni viaggio è un terno al lotto e il rischio che tutto salti va messo in conto. Sto giro invece ce l’ho fatta e via di full immersion nella megalopoli carioca!

Ho ancora nelle orecchie le urla dei 70mila al Maracanà, per un 4-0 easy al Cile e un bello show del fenomeno Neymar; la musica travolgente di una festa al Mirante Do Avrao, nel cuore della favela Vidigal; i boati delle onde immense sulla spiaggia di Ipanema, sotto alle quali quasi ci resto!
Ho ancora impressa negli occhi la luce di quel tramonto infuocato dal Pan di zucchero e il grande Cristo Redentore che domina l’arcipelago, con quelle grandi braccia aperte che sembrano voler accogliere le milioni di anime sotto a sé.
Non avevo mai visto palme così alte e maestose come quelle del giardino botanico né avevo mai assaggiato una caipirinha così sublime come quella bevuta a Copacabana, tra fumi di barbecue improvvisati e purini di marijuana locale. Mamma che bella Rio!

Città cosmopolita capace allo stesso tempo di conservare intatti i suoi tratti più caratteristici. Moderna e classica allo stesso tempo, disordinata ma con un equilibrio tutto suo, pulsante, viva 24 ore su 24, animale e spudorata. La città del caos perfetto.
E visto che non ci si fa mancare niente, aggiungo al bagaglio di esperienze anche una serata all’ospedale pubblico di Leblon, che sul momento avrei preferito evitare ma che col senno di poi, essendo stata cosa di poco conto e conclusasi senza conseguenze, sono contento di aver vissuto. Inaspettata anche in questo caso l’efficenza e in generale il trattamento riservatomi. In generale poi ho trovato ovunque solo persone accoglienti, simpatiche, disponibili, gentili e sorridenti.

Viaggiare mi fa sentire più vivo di qualsiasi altra cosa al mondo. Viaggiare mi fa sentire, più di qualsiasi altra cosa, parte del mondo. Il mio non è un vezzo o un capriccio ma una necessità, per questo nessuno potrà mai impedirmi di farlo.
Viva Rio, viva il Brasile, viva la vita!

p.s. Mi sono spostato con dei semplici tamponi. Non mi è stato chiesto alcun lasciapassare né all’andata né al ritorno, né all’imbarco né all’arrivo.
È da un po’ che ve lo dico e non vorrei sembrare ripetitivo ma… la realtà è ben diversa da quella raccontata in tv o sui siti governativi.