No, non sono preoccupato. Mi viene chiesto spesso se lo sono, sia in privato che nelle interviste o dirette online. E quando rispondo negativamente tutti si sorprendono, sempre. Come se la preoccupazione di questi tempi fosse scontata, naturale, parte di noi per forza di cose. Ma non scherziamo dai!
Perché dovrei essere preoccupato? Mi porterebbe benefici di qualche tipo? Cambierebbe qualcosa in meglio se lo fossi? No, anzi. E allora non ne vedo il motivo.

Io cerco di (pre)occuparmi solo delle cose che posso cambiare, su cui posso intervenire personalmente e il più delle volte si tratta di questioni che riguardano esclusivamente me stesso. Il resto, quello che non posso cambiare, cerco di accettarlo, comprenderlo, lasciarlo andare.
Sia chiaro che non mi riesce sempre e spesso mi incazzo ancora per cose futili o spreco energie su questioni irrilevanti. Diciamo che sono work in progress ma non mi lamento.

In questo periodo sono attento, magari più cauto del solito ma molto curioso sul futuro e si, nonostante tutto, anche ottimista. Perché sono convinto che nulla succeda per caso e che tutto abbia un senso, spesso impossibile da cogliere nell’immediato per noi comuni mortali.
Ma questo pazzo mondo a me continua a piacere un sacco, nonostante tutte le sue contraddizioni e follie a cui assistiamo, o meglio, di cui facciamo parte quotidianamente.
E scusate se non accetto di compromettere il mio presente con preoccupazioni che reputo del tutto inutili e controproducenti.