Qualche giorno fa una ragazza di vent’anni si è uccisa impiccandosi nei bagni della sua università a Milano. Ha lasciato un biglietto di scuse dicendo che sentiva di aver fallito.
L’evento ha “riacceso il dibattito” su un modello scolastico troppo competitivo e disumano… per meno di ventiquattro ore, poi la notizia è sparita dai radar e non la vedrete riapparire (fino al prossimo suicidio).
Si perché in realtà non frega niente a nessuno di cose simili, questa è la tragica verità. Soprattutto non frega niente allo stato, completamente disinteressato al benessere dei suoi cittadini e ancor di meno degli studenti. E nemmeno all’opinione pubblica, ormai costantemente bombardata dalle note armi di distrazione di massa e rincoglionita dalla tecnologia che avanza.
Allora mi rivolgo a quegli studenti che stanno affrontando l’inferno scolastico italiano e dico loro di rendersi conto che possono contare solo ed esclusivamente su loro stessi. Che se ne freghino dei voti, di compiacere a parenti e famigliari, di avere “successo” nel loro percorso.
Dico loro che se si sentono al posto sbagliato al momento sbagliato, è meglio che mollino tutto, si mettano uno zaino in spalla e vadano via! Dove poco importa, l’importante è andare. Se possibile lontano, lentamente e senza biglietto di ritorno.
Impareranno senz’altro cose molto più preziose di quelle che gli insegnerebbero dentro quei manicomi chiamati scuole e università. Ma soprattutto, eviteranno di sentirsi dei falliti in quelli che dovrebbero essere gli anni più belli della loro vita… e che scoprendo il mondo, lo diventeranno.