A vent’anni ho passato uno dei momenti più complessi e difficili della mia vita. Lo ricordo come “il periodo dei fantasmi”. Sul mio diario, per descriverlo, scrivevo: “Demoni. Ombre. Cattive vibrazioni. Oscurità. Dentro di me, Guernica”. Un breve resoconto che rende l’idea. 

Ne sono uscito con la fede. E non in qualche Dio ma nel “bene dell’universo”. Decisi infatti di rigare dritto, di fare del mio meglio e di confidare in qualcosa di più grande, un qualcosa che insieme alla mia forza di volontà e il mio impegno, mi avrebbe aiutato a ritrovare la “luce”. Così fu e i fantasmi alla fine se ne andarono, quasi due anni dopo la loro comparsa. 

Non fu una battaglia, non si può combattere né tanto meno vincere contro certe ombre. Fu piuttosto un esercizio di accettazione, di pazienza, una lunga maratona attraverso deserti esistenziali.

Vent’anni dopo ne ho quasi quaranta, ne é passata un po’ di acqua sotto i ponti e io sono un’altra persona rispetto a quel ragazzino adolescente scapestrato e confuso. Oggi ho le spalle larghe, eppure, anche in questo periodo certi giorni mi sento perso come allora, per motivi completamente diversi.

Ai tempi non dissi a nessuno di quei miei turbamenti, nemmeno alle persone a me più vicine. Nascosi tutto senza far trapelare il minimo segnale del mio profondo disagio, tra finti sorrisi e frasi di circostanza. Pensavo erroneamente che esporre le proprie fragilità fosse sinonimo di debolezza. Oggi so che non è così e per questo lo condivido serenamente, con centinaia di migliaia di persone, senza provare alcun tipo di pudore, senza timore alcuno.  

E vado avanti, oggi come allora, vado avanti. Si perché in certi momenti questa è la cosa più importante da fare, o forse l’unica. Andare avanti, anche solo per inerzia. Facendo del proprio meglio, mettendocela tutta e soprattutto tenendo sempre a mente che “nessuna notte è così lunga da impedire al sole di risorgere”.