Testo tratto dall’articolo “Senza colpo ferire” pubblicato su Machete n.3 ottobre 2008 – aperiodico anarchico

screen-capture_4501[…] Personaggi sfuggiti ai seminari, vomitati da tutte le fognature, che predicano la passività e la rassegnazione. Dappertutto li si può sentir recitare le litanie della rinuncia e della pazienza. Si mescolano anche fra i ribelli, seminando lo scoraggiamento, incitando alla sfiducia, castrando le energie. Vengono a parlare di tolleranza. Ma non ci può essere tolleranza per il nemico. E nemico è anche colui che predica pazienza e rassegnazione, colui che si oppone all’uso della violenza. Nemico è anche chi sostiene che non bisogna attaccare e che bisogna attendere. Attendere!
L’operaio crepa bruciato vivo; attendete. La povertà costringe la donna a vendersi; attendete. Il bambino, fra il martello della famiglia e l’incudine della scuola, viene allevato al mestiere di bestia da soma; attendete. Il cibo con cui ci nutriamo è contaminato; attendete. L’aria che respiriamo è inquinata; attendete. Il territorio dove viviamo viene devastato; attendete. I ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri diventano sempre più poveri; attendete. I banchieri vengono soccorsi, i risparmiatori vengono truffati; attendete. Il politico ciarlatano prospera e ingrassa; attendete. Le guerre mietono vittime in tutto il mondo; attendete. Attendere cosa?

Dopo la spaventosa mistificazione del passato, cosa c’è da attendere? Ricordate le speranze che i continui passi avanti del progresso fecero nascere in molti? Tutte le chiacchiere sulla liberazione dalla schiavitù del lavoro, sul benessere infine disponibile per tutti, sulla parità e l’uguaglianza sociale…
Anni e anni di miseria, di attesa vana, di disperazione. Guardate a che punto siamo oggi: all’imminente catastrofe del presente, alla terrificante assenza di futuro. E questo perché? Perché, anziché lasciare che la rabbia armasse i nostri cuori e le nostre braccia, si è preferito dare ascolto alle infamie della moderazione, della tolleranza, della non-violenza. Attendere cosa?

Non siamo forse divisi da un abisso, i poveri da una parte e i ricchi dall’altra? Tutti i poveri sanno che, se soffrono e crepano, è a causa dell’esistenza dei ricchi. Tutti i ricchi sanno che, se godono e gozzovigliano, è grazie alla mansuetudine dei poveri. Esiste un solo ricco che non sappia perché mangia? Esiste un solo povero che ignori perché viene mangiato? Non c’è più tempo per le ipocrisie. Non si può più fare spallucce.
I non-violenti predicano una religione di pace… vogliamo forse la pace, noi? No di certo! È la guerra, la guerra senza quartiere contro l’ordine sociale imposto dall’Autorità e dal Mercato. I non-violenti ci aspettano al varco per rammentarci che tutte le rivoluzioni del passato sono fallite, finendo col dar vita a nuovi regimi ancora più oppressivi. Da quale pulpito elevino questa loro predica, lo abbiamo già visto. Non ci risulta che esista un’idea o un metodo che possa vantarsi di aver dato la felicità all’uomo. E allora, dovremmo per questo rinunciare a cercare di raggiungerla?

Già udiamo la seconda obiezione: non si può eliminare la violenza con altra violenza! Ma benedette creature, noi non vogliamo affatto eliminare la violenza. Mica siamo frati. Vogliamo che essa sia una delle tante occasionali espressioni dell’Individuo nei suoi rapporti diretti con ciò che lo circonda, e non la perenne intimidazione dello Stato che impone la propria autorità. D’altronde, senza la violenza come si potrà costringere il Potente e il Ricco a rinunciare ai propri privilegi, come si potranno neutralizzare i loro cani da guardia? I non-violenti lo sanno. Sono astuti, loro. Pensano che alla fine la virtù trionferà sul vizio. «La nostra santità li fulminerà», blateravano anni fa alcuni di loro. Macchè! I tiranni non hanno una coscienza da convertire e godono di ottima salute, almeno finché non finiscono sotto un mirino. È solo la nostra dignità a rimanere fulminata.

Bisogna condannare ogni forma di violenza, dicono i politici che votano in favore della guerra. Bisogna farla finita con ogni forma di violenza, dicono i militari mentre sganciano le loro bombe. Bisogna contrastare ogni forma di violenza, dicono gli sbirri dal manganello facile. Anche loro sono contro la violenza, ma solo quella degli oppressi. La violenza in uniforme, quella sempre pronta a scattare sull’attenti, la adorano e la praticano con fervore. Cos’altro è lo Stato se non il monopolio della violenza? Anziché sfidare questo monopolio, i non-violenti lo ribadiscono. Sappiate che solo noi possiamo usare la violenza, tuonano i funzionari di Stato. Sappiate che noi non useremo mai la violenza, tuonano gli ideologi della non-violenza.

Gli opposti si attraggono e fanno una coppia perfetta. Lo Stato e la non-violenza sono fatti per intendersi, come il sadico e il masochista.